Teatro

Chiara Guidi: “La poesia per sfuggire al Nazismo”

Chiara Guidi
Chiara Guidi

Insieme agli studenti di Ca' Foscari di Venezia mette in scena "Lettere dalla Notte" sui versi della poetessa ebrea Premio Nobel nel '66.

Chiara Guidi è ospite del segmento Alterazioni all'interno del fitto programma del Teatro Ca' Foscari di Venezia. E’ qui per lavorare con giovani studenti dei dipartimenti universitari e realizzare, dopo tre giorni di laboratorio intensissimo, "Lettere dalla Notte" sui versi della poetessa ebreo-tedesca Nelly Sachs. Fondatrice della Societas Raffaello Sanzio, oggi Societas, insieme a Romeo e Claudia Castellucci, Chiara Guidi ha indirizzato la sua trentennale attività all'esplorazione della dimensione sonora della scena, giungendo a sviluppare una sua personalissima tecnica da lei stessa definita "tecnica molecolare della voce".

Perchè "tecnica molecolare della voce"?
Perché della voce possiamo arrivare a individuare le unità più piccole ed entrare così in maggiore intimità con essa, tracciando una partitura di segni e suoni che rimandano a immagini vive. Sono immagini che solo l'attore ha chiare davanti a sé, ma è proprio su queste immagini che le parole si mettono in cammino. La voce in teatro riesce a creare uno spazio dove chiunque, in primo luogo lo spettatore, riesce anche a occhi chiusi a vedere colori, forme, oggetti.

In questo studio/spettacolo la voce incontra la scrittura di Nelly Sachs
Il progetto sulle poesie di Nelly Sachs nasce due anni fa a Bologna, per me si trattava di una poetessa sconosciuta e quindi il mio primo approccio è stato di costruzione per pezzi, a partire forse dal pezzo più importante ovvero il suo carteggio con Paul Celan. A lui la Sachs mandava i suoi versi, perché in qualche modo cercava di ricostruire attraverso la parola una patria perduta: lei aveva lasciato la Germania un attimo prima che fosse troppo tardi così come Celan aveva evitato le deportazioni fuggendo da una parte all'altra della Romania. Un'identità diventata fumo che solo la parola può restituire.

Questa parola si fa musica, il linguaggio poetico diventa partitura. Questo il lavoro con gli studenti universitari?
Inevitabilmente la voce, nel momento in cui veicola la parola, acquista una responsabilità, la responsabilità del senso stesso delle parole. E' per questo che il progetto su Nelly Sachs continua dopo due anni: questa poetessa il cui senso spesso può apparire difficile se non oscuro, spesso un vero e proprio silenzio del senso, ha composto tre cori, quello degli orfani, quello dei superstiti, quello dei salvati e io ho pensato di affidare questi cori a cori di cittadini nelle singole città in cui si realizza il progetto. Una chiamata a leggere la poesia insieme. Trovarsi concordi nel leggere insieme la poesia di una poetessa che ha voluto con i suoi versi ritrovare l'unità perduta di un popolo. Nel caso di Venezia si tratta di un coro di studenti universitari.

Non è importante dunque il rapporto che questi cori, nel caso specifico gli studenti di Ca' Foscari, hanno con il teatro?
Assolutamente, la cosa importante è diventare coro e tutti, nella regola che impone la voce dell'altro, riescono a ritrovare la propria voce. Gli spettatori entrano in sala e non sanno che accanto a loro, su quelle loro stesse poltrone, è seduto un coro, per cui alla fine è come se l'intera platea si alzasse a leggere: se io sono seduto e qualcuno accanto a me si alza e legge è come se leggesse una parte di me. Tutti condividono lo stesso pensiero, perché chiunque sappia raccontare è attore.

Che cosa arriva allo spettatore di tutto questo?
Innanzitutto arriva la voce di Nelly Sachs che in questo modo cammina sul palcoscenico e attraverso inserti originali, fruscii e altri rumori si crea una sorta di strato geologico che viene poi interrotto proprio dallo stesso crescendo del coro. Il coro crea un emozione sonora, accompagnata anche dalla costante presenza in scena di un vibrafono, quell'emozione che poi in fondo è lo scopo della poesia. Un'emozione che restituisce o fa nascere un nuovo senso di vita. Questo si adatta perfettamente alla vita della Sachs che si è trovata in Svezia insieme alla madre, fuggita dalla Germania nazista, e che grazie alla poesia ha dato di nuovo senso alla propria esistenza fino al Premio Nobel attribuitole nel 1966.